L’amaro della Regina

Scampoli d’autore

Affascinante e discreta, costantemente impegnata in opere di carità e assistenza, Elena di Montenegro ispirò poeti, scrittori ma anche l’inventore di un “Elisir di Lunga Vita”, che a lei dedicò il suo amaro.

24 ottobre 1896: il futuro re Vittorio Emanuele III sposa Jelena Petrović-Njegoš, principessa del Montenegro. Come si può ben immaginare il matrimonio fra i due era stato deciso a tavolino dalla madre del principe, la regina Margherita ed il primo ministro Francesco Crispi: l’unione avrebbe dovuto garantire al regno d’Italia una maggiore influenza nella zona dei Balcani e scongiurare gli effetti nefasti delle nozze fra consanguinei che erano diffusi in gran parte della nobiltà europea dell’ottocento.

Il matrimonio con Jelena, che diverrà poi “Elena di Montenegro”, avrebbe inoltre donato alla discendenza qualche decina di centimetri in più di altezza: Elena infatti era alta ben un metro e ottanta, mentre Vittorio Emanuele superava di poco il metro e mezzo. L’affascinante principessa ispirò poeti e scrittori, che ne magnificarono l’eleganza e le virtù e colpirono anche un erborista bolognese, Stanislao Cobianchi. Stanislao, nel 1885 aveva brevettato la ricetta di un liquore realizzato con 40 tipi di erbe diversi che in prima istanza era stato battezzato “Elisir di Lunga Vita”. Il geniale erborista, colpito dalla bellezza della futura regina d’Italia, in occasione delle nozze principesche ideò una bottiglia che ricordava le sue forme sinuose ed eleganti ed a lei dedicò il nome del suo preparato: nacque così l’Amaro Montenegro.

Quindi, come il nome della suocera Margherita di Savoia è legato indissolubilmente a quello della pizza più diffusa nel mondo, Elena di Montenegro ha dato il nome ad uno degli amari italiani più famosi ed amati.

Una curiosità, o meglio, un aneddoto: la grande differenza di statura fra i due coniugi fu spesso oggetto di scherno, cosa che non era ovviamente gradita da Vittorio Emanuele III.  Si narra che il duca d’Aosta Amedeo di Savoia in una occasione pubblica, al comparire del re e della consorte li accolse dicendo “Ecco Curtatone e Montanara”. Il “body shaming” ante litteram costò caro al duca, che il giorno successivo fu escluso da corte e partì esule per il Congo, dove lavorò per due anni come operaio semplice in una fabbrica di saponi.

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